Whatsapp: i messaggi possono essere prove da usare in tribunale?

Con la vita di tutti i giorni che ruota sempre più pesantemente anche intorno ai servizi di messaging come WhatsApp questo genere di tracce potrebbe diventare elemento probatorio sia in un processo civile sia in un processo penale.

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Whatsapp in tribunale (foto canva – vostrisoldi.it)

La prossima volta che scrivi un messaggio su WhatsApp o su qualunque altro sistema è bene che tu sappia che, nel caso in cui ciò che scrivi abbia un qualche valore durante un processo, il tuo smartphone o una copia della eventuale chat cui hai partecipato potrebbero essere utilizzati in tribunale. A stabilire quello che viene denominato valore probatorio dei messaggi è l’articolo 234 del Codice di Procedura Penale per quello che riguarda un eventuale processo penale o l’articolo 2712 del Codice Civile.

Esistono però alcuni limiti che la giurisprudenza, e in particolare la Corte di Cassazione insieme ad alcuni tribunali che si sono trovati a esprimere un giudizio sul valore o meno dei messaggi e delle chat, hanno stabilito sul modo in cui eventuali prove derivanti dai messaggi WhatsApp devono essere presentate in aula.

Quando WhatsApp diventa una prova in aula

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Messaggi (foto canva – vostrisoldi.it)

Potrebbe sembrare fantascienza ma, in realtà, ormai data la pervasività dei mezzi di comunicazione istantanea la richiesta, da parte di una o dell’altra parte che si trovano ai due estremi di un processo, di produrre messaggi o chat per avvalorare la tesi dell’accusa o della difesa è diventata una prassi abbastanza consolidata.

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Sia nell’ambito dei processi civili sia nell’ambito dei processi penali, giudici di tribunali e quelli della Corte di Cassazione si sono trovati a decidere se accettare o meno messaggi e chat. In linea generale i messaggi e le chat sono assimilati alle altre rappresentazioni meccaniche e alle copie fotografiche di scritture, come indicato agli articoli 2712 e 2719 del Codice Civile.

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Ma esiste un limite stabilito dalla Corte di Cassazione penale con la sentenza 49016 del 2017. Perché i messaggi di WhatsApp siano effettivamente ritenuti validi come prova in un qualunque tipo di processo, questi messaggi, che sono presentabili sotto forma di trascrizione, occorre che siano accompagnati anche dall’ebventuale supporto originale in cui è contenuta la registrazione. Nello specifico, quindi nel caso di WhatsApp, uno degli smartphone eventualmente coinvolti nella conversazione che si ha intenzione di utilizzare come prova o il Pc se si è utilizzato WhatsApp Web.

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